ALCUNI ANEDDOTI SULLA BANDA DI ACQUAVIVA









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La sbronza del timpanista

Durante gli anni della direzione del Maestro Antonio Quaranta accadde un delicato episodio.
Il maestro Quaranta aveva tra i suoi musicanti un timpanista valentissimo, il quale aveva il vizio di ubriacarsi spesso. Le raccomandazioni del Maestro erano infinite ed infinite erano le promesse del musicante che non si sarebbe piu' ubriacato almeno quando c'era da fare il servizio in piazza.
Alla festa della Madonna di Buterrito di Ceglie del Campo, paese natio del Maestro, erano in gara la Banda di Bari. diretta allora dal giovane maestro Enrico Annoscia, e la nostra Banda diretta dal maestro Quaranta. L'aspettativa era grande.
Da Bari affluirono migliaia di persone e le massime autorità della provincia, con a capo il Prefetto, per sostenere la loro banda e il loro idolo. Da Conversano per fortuna, era venuto il fratello del nostro maestro, Angelantonio Quaranta, anch'egli musicista e direttore di quel Concerto Musicale. Egli arrivò quando saliva in orchestra la nostra banda per eseguire la «Lucia di Lammermoor» di Donizetti.
A un certo punto il maestro cominciò a sentire che il timpanista non entrava a tempo e non sapeva infondere al suo strumento le vibrabrate battute che occorrevano, tanto da compromettere completamente la buona riuscita dell'esecuzione: purtroppo il timpanista era in preda ai fumi del vino! Ma tutto a un tratto sentì che si era rimesso in carreggiata, colpendo a tempo giusto e producendo i dovuti effetti nell'esecuzione dello spartito, tanto che il pezzo terminò in modo mirabile destando nella folla deliranti applausi. Il maestro, terminato il pezzo corse dal suo timpanista per chiedergli cosa gli fosse successo e per congratularsi con lui. Ma, con grande meraviglia, al suo posto trovò Angelantonio, cioè suo fratello maggiore il quale, notata l'indisposizione del timpanista già preso dalla sbomia, sgattaiolando dietro l'orchestra, si era sostituito a lui nel maneggio dei timpani, salvando l'onore del fratello e quello più grande del Concerto Musicale di Acquaviva delle Fonti, di fronte a migliaia di fanatici del Maestro Enrico Annoscia e della Banda di Bari.


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La vocazione del commerciante

Il Maestro Filippo Cortese, se talvolta era impossibilitato a dirigere la sua banda per gli impegni che aveva con la Cattedrale, la faceva dirigere al suo capobanda: Marino Caporusso, suonatore del 1° flicorno soprano.
Nella festa di S. Antonio del 13 giugno 1882, a Corleto Perticara (Potenza), a nostra banda fu diretta dal Capobanda. In quella festa la nostra prima cornetta del tempo, Giovanni Plantamura (detto quattrocchi), si rivolse al Capobanda, minacciandolo di lasciare il suo posto in piena festa se non avesse provveduto a procurargli cinquecento lire, senza dire però per quale servizio urgente sarebbero servite.
Il Capobanda si vide messo con le spalle al muro per la responsabilità, soprattutto in mancanza del Maestro.
AIlora pensò di rivolgersi al Presidente del Comitato di quella festa patronale, pregandolo vivamente di anticipare le cinquecento lire, in acconto al compenso stabilito per contratto, che era di poche lire in più. Così, ottenuta la somma richiesta, la consegnò a Giovanni Plantamura, con infinite raccomandazioni di restituirla a fine festa, per la distribuzio della porzione a tutti i musicanti.
Giovanni Plantamura fu puntualissimo. A fine festa non solo restituì la somma ricevuta, ma dette anche di più.
L'anno successivo si ritirò dalla banda, per dedicarsi al commercio.
In pochi anni di lavoro si creò un patrimonio di una certa entità, che non ebbe però il piacere di godersi a lungo perché minato nella salute da una malattia inguaribile.


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Una banda di professori

La banda di Acquaviva, diretta brillantemente dal Maestro Antonio Di Janni, si trovava a Napoli per tenere alcuni concerti al Gran Caffè Gambrinus, ove, a quei tempi, affluiva e si dava convegno il fior fiore della nobiltà partenopea, ivi compresi intellettuali e artisti di chiara fama quali Gabriele D'Annunzio, Francesco Paolo Michetti, Matilde Serao, Edoardo Scarfoglio, il Duca Carafa di Andria e tanti altri.
Una sera, dopo un applauditissimo concerto nel quale era stata eseguita una riduzione della «Amica» di Pietro Mascagni (che la nostra banda era stata tra le prime a concertare), si avvicinò al nostro Di Janni il maestro Raffaele Caravaglios (allora direttore della banda municipale di Napoli) che gli disse: «Maestro, mi congratulo con lei per l'impeccabile direzione del concerto e con i suoi bravi musicanti che, con perfetta esecuzione dello spartito, hanno dimostrato di essere dei veri professori». Il Di Janni, commosso e sorridente rispose: «Maestro, la ringrazio vivamente di tanta considerazione nei nostri riguardi, però la prego di tener conto che i miei musicanti non sono dei professori, ma cinquantacinque autentici scarpari». Perché, in effetti, tutti esercitavano un mestiere e in maggioranza erano calzolai. Il maestro Caravaglios accolse bonario e sorridente la modesta e spiritosa battuta, stringendo la mano a tutti i musicanti.
E proprio al Gambrinus di Napoli, l'anno successivo, per vera o voluta indisposizione del maestro Di Janni, diresse per diverse sere l'indimenticabile Capobanda Liborio Ferrulli, che alla sua pratica direttoriale, univa una grande presenza di spirito suscitando ammirazione ed entusiasmo fra il pubblico e strappando applausi deliranti.


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La guerra dei confetti

Alla Festa Patronale di Mottola del 1903, si trovò la nostra banda, diretta dal Maestro Antonio Di Janni, con quella di Gioia del Colle, diretta dal maestro Egidio Carestia. I gioiesi fecero sapere ad Acquaviva che a Mottola avrebbero campanilisticamente sistemato i conti artistici. Il maestro Di Janni allora, allo scopo di evitare eventuali incidenti, scrisse al Sindaco di Mottola per sciogliere il contratto firmato, e fu Sindaco in persona che venne ad Acquaviva per assicurare che a Mottola non avrebbero avuto alcun fastidio.
Il primo giorno di festa, quando Gioia (sul posto dal giorno precedente) finì l'esecuzione del 4 atto della «Carmen», i gioiesi, aflluiti numerosissimi, lanciarono confetti alla loro banda. Il Sindaco, per evitare che gli animi si scaldassero, diede ordine che tutti i confetti dei caffé fossero messi a sua disposizione.
Salirono i nostri ed eseguirono il 4 atto della «Carmen», accettando la sfida. Ma quando finirono furono i mottolesi a lanciare i confetti sull'orchestra. Ciò segnò l'inizio del tafferuglio tra i nostri e i gioiosi, e chi ne ebbe la peggio fu il nostro tenore Michele Lacarra, che ne uscì malconcio.


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La «tempesta»

Fra il Maestro Antonio Mercaldo e il capobanda Liborio Ferrulli non vi furono quella fraternità e simpatia reciproca indispensabili al buon andamento della banda.
Durante la stagione artistica 1910, i vecchi musicanti ricordano l'episodio accaduto a San Lorenzo Maggiore (Benevento), durante l'esecuzione della sinfonia del «Guglielmo Tell». La nostra banda era abituata ad eseguirla in due tempi, come da riduzione del Maestro Antono Di Janni. Il Maestro, invece, usava batterla in quattro tempi come con la banda di Pescina da cui proveniva. Prima di arrivare alla «tempesta» il capobanda Liborio Ferrulli, forse distratto dal pubblico numerosissimo di ascoltatori, entrò anzitempo, facendo perdere il controllo al maestro, controllo che fu ripreso dopo alcune battute, con l'aiuto dello stesso capobanda e di Giacomino Franco con il suo piccolo Mi bemolle.
Fu quindi una vera tempesta di suoni di cui però il pubblico non si accorse, tanto da essere sommersi da un uragano di applausi. Addirittura, un signore con il cappello a cilindro, facendosi avanti tra il pubblico, salutò il maestro dicendo: «Maestro, una tempesta più perfetta non l'ho mai sentita!».
Questo episodio segnò l'inizio delle animosità con il capobanda, in seguito alle quali il maestro si vide costretto ad andarsene alla fine della stagione.


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dalla«Storia della Banda Musicale di Acquaviva delle Fonti»