Cronistoria della Città.
di Martino Mastrorocco
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Dall'anno 1.800 all'anno 1.900


1801 Napoleone Bonaparte stipula la pace col Regno di Napoli (18-VII), lasciandolo ai Borbone, ma mettendolo praticamente sotto la costante minaccia di una invasione. I Borbone devono accettare la permanenza di guarnigioni francesi accollandosene le ingenti spese. Migliaia di soldati francesi si stabiliscono nelle contrade pugliesi allo scopo di parare un eventuale tentativo di sbarco da parte delle armate anglo-turche. Un drappello di fanteria di circa 100 uomini, si stabilisce anche ad Acquaviva. I cittadini sono costretti ad ospitarli nelle loro case e l'erario comunale, costretto a far fronte ad uscite straordinarie, si ritrova sommerso da enormi debiti.

1802 Francia ed Inghilterra firmano il trattato di Amiens (27-III) col quale la Francia vede riconosciute le sue conquiste continentali e l'Inghilterra le sue conquiste coloniali. Napoleone deve ritirare le sue truppe dai territori di Puglia e Abruzzo. Per il Regno questa pace non è che un sollievo molto relativo poiché è intuibile che le due Potenze hanno negoziato la tregua solo per meglio prepararsi ad una nuova guerra.
Durante questi sconvolgimenti Acquaviva è preda, come altri comuni della Terra di Bari, di innumerevoli vessazioni ad opera delle truppe del cardinale Ruffo, di briganti, soldati turchi,russi e albanesi, e addirittura ingordi funzionari del Fisco e commissari della Regia Camera. I comuni terrorizzati spesso offrono loro viveri e mercanzie perché devino il loro cammino o almeno non li affliggano con lunghi e dispendiosi soggiorni: a un tal Matteo Galdi, venuto con soldati e funzionari per compiere un'inchiesta circa lo spaccio clandestino di carte da gioco, danno venti carlini a patto che non disturbasse la popolazione con le sue indagini vessatorie; la stessa somma sborsano ad una squadriglia di ventotto albanesi comandati da un tenente affinché non sostassero nel paese, in cui doveva pernottare una compagnia di "Reali Cacciatori".

1803 L'inghilterra in violazione del trattato di Amiens non vuole abbandonare l'isola di Malta. Ciò provoca la ripresa delle ostilità con la Francia la cui direzione politica viene assunta, grazie al prestigio militare di cui gode, dal generale Napoleone Bonaparte che l'anno successivo riuscirà a farsi proclamare imperatore.
Ancora una volta la posizione geografica di Acquaviva è assai importante dal punto di vista strategico. La città, a cui viene assegnato un presidio di oltre 500 soldati con in capo il comandante Batteau, è soggetta ad una triplice tassa: fornitura del battaglione stabile, somministrazioni di viveri ed alloggi alle truppe di passaggio e mantenimento parziale di altre guarnigioni stanziate in altri paesi. I rimborsi delle spesa, che, in teoria, dovevano avvenire da parte del governo Regio o del Commissariato estero, il più delle volte non si verificano o spesso sono inferiori alle effettive uscite e ciò provoca un indebitamento delle casse cittadine per migliaia di ducati.

1805 L'irriducibile conflitto di interessi tra Francia e Inghilterra porta alla nascita di una coalizione europea cui aderiscono, al fianco degli inglesi, Russia, Austria, Svezia e Regno di Napoli.
Il sindaco di Acquaviva è Leonardo Bellisario.

1806 Napoleone per Ferdinando IV, che in apparenza gli si dimostra amico e che in realtà trama con i suoi avversari, scaglia contro Napoli il proprio esercito agli ordini di suo fratello Giuseppe, già designato al trono. Questi vince quasi senza combattere il rimaneggiato esercito borbonico al quale mancano gli aiuti promessi da Russia e Inghilterra mentre i Borbone si rifugiano in Sicilia (30 III).
Viene proclamata l'abolizione completa del feudalesimo (2 VIII): i diritti personali e le banalità vengono soppressi mentre i diritti reali sono dichiarati riscattabili. Carlo III de Mari chiude la serie dei signori di Acquaviva, che in questo periodo conta circa 5.800 abitanti. Preferendo tornarsene a Napoli Carlo vende le terre alla famiglia Curzio, al barone Vittozzi, al marchese Villanova, mentre il palazzo lo cede alla famiglia Alberotanza, oriunda di Mola di Bari.
Gli acquavivesi appresa la notizia del documento col quale il Prefetto e Commissario Generale di Polizia, Giambattista Ricciardi, invita la comunità a festeggiare, invadono i feudi dei De Mari e ne cancellano le insegne gentilizie dall'architrave della Porta Maggiore sostituendole con quelle della città e di Napoleone (14-VIII).

1807-1808 Giuseppe Bonaparte si dedica subito a riordinare lo Stato favorendo soprattutto il sorgere di una borghesia agraria mediante gratuite concessioni di terra ai contadini. Sotto i francesi avvengono, infatti, importanti riforme. Con quella agricola tutte le terre del feudo sono registrate presso un ufficio pubblico in modo da individuare l'estensione di ogni singola proprietà privata, i confini, la coltura e la categoria. Le terre sulle quali, per antica consuetudine, venivano esercitati gli "usi civici" vengono considerate appartenenti al demanio comunale e, in conseguenza della revisione, vengono distribuite tra i cittadini dietro il corrispettivo di un canone annuo proporzionale al valore delle quote. La proprietà terriera, da sempre concentrata nelle mani della Chiesa e dei feudatari, e per questo infruttuosa ed inerte, viene liberata da tale stato dando origine ad una classe media di coltivatori. Solo in Puglia vengono soppressi 60 conventi compreso quello acquavivese dei Domenicani il cui sostanzioso patrimonio (centinaia di ettari e centinaia di capi di bestiame) dopo essere passato per qualche anno al demanio comunale viene lottizzato e venduto ai privati cittadini. Con la riforma tributaria vengono soppresse tutte le tasse, imposte e gabelle fino ad allora gravanti sul popolo e viene istituita un'unica imposta immobiliare, sui fondi rustici e sulle abitazioni, il cosiddetto "contributo fondiario". La riforma amministrativa prevede l'istituzione del Decurionato, "corpo" in cui risiede la rappresentanza municipale (i decurioni vengono estratti a sorte tra gli uomini che hanno non meno di 50 ducati di rendita annua) con funzioni deliberative e sotto il controllo dell'Intendente. Esso è presieduto dal Sindaco, si riunisce ogni prima domenica del mese e le sue discussioni e deliberazioni si svolgono a porte chiuse ma a voti palesi. Con la riforma giudiziaria viene istituita la figura del Giudice di pace col compito di conciliare, sul posto, i dissidi sorti smaltendo, così, l'iter giudiziario. Inoltre viene ordinata la confisca dei beni appartenenti ai "capipopolo" borbonici e vengono concesse speciali pensioni alle famiglie dei martiri del 1799, in particolare a quella del dottor F.A. Pepe. Ma intanto si accentuano i fenomeni di accattonaggio (si contano più di 170 barboni), di stregoneria e di prostituzione.

1808 Giuseppe chiamato dal fratello sul trono di Spagna, lascia il Regno, dove viene inviato Gioacchino Murat, cognato di Napoleone (1 VIII).

1808-1815 Gli immensi boschi che, per migliaia di ettari cingono Acquaviva, offrono sicuri e inaccessibili ricoveri ai più terribili briganti pugliesi e lucani.

1809 I francesi s'impegnano attivamente nella lotta al brigantaggio ma spesso sono degli innocenti a pagare: i cinque fratelli Fiore di Santeramo che transitavano da Acquaviva furono fermati per sospetti briganti e fucilati nella pubblica piazza senza ulteriori accertamenti.

1810 Un decreto obbliga i comuni a rilevare in apposite liste "i malviventi, gli oziosi e i vagabondi", e nel caso in cui non sia possibile trovare gli autori delle aggressioni si addossa ai municipi e ai più ricchi proprietari del paese, la responsabilità civile dei furti perpetrati nei territori comunali (21 VI).

1811 E' sindaco Eustachio Piragine.

1812 Acquaviva conta 5848 abitanti.

1809-1813 Distruzione dei raccolti a causa di grandinate, nevicate, branchi di lupi ed invasioni di cavallette. L'opera di distruzione delle locuste impegna tutto il popolo acquavivese e a tale scopo il territorio è diviso in sezioni che sono ogni giorno percorse da pattuglie di contadini sotto la sorveglianza di commissari municipali. In questa lotta, protrattasi per anni, Acquaviva si segnala tanto da meritare un encomio dal Ministro degli Interni.

1811-1813 Il potere di Napoleone avverte i primi segnali di quella crisi che avrebbe rapidamente decretato la fine del suo Impero. La rivolta del sentimento nazionale in tutta l'Europa, la resistenza dell'Inghilterra, e lo sfaldarsi delle alleanze aprono falle sempre più gravi nel sistema continentale napoleonico. Dopo il tentativo di invadere la Russia, che si trasforma in una immane catastrofe, l'Armata napoleonica viene ancora sconfitta dagli eserciti di una coalizione europea nella grande battaglia di Lipsia.

1813 Giulio Iacobellis fonda la Banda Musicale di Acquaviva diretta dal maestro G. De Marinis. E' sindaco Francesco Aulenta.

1813-1816 Il territorio di Acquaviva è percorso da briganti-disertori del 9° reggimento di linea al comando di Benedetto Attollino, detto "Faccia tagliata".

1814 Napoleone viene dichiarato decaduto e la pace di Parigi chiude la guerra: la Francia deve rinunciare a tutte le colonie e ritornare ai confini del 1792.

1815 Napoleone fugge dall'isola d'Elba, dove era stato relegato, e tenta un nuovo disperato sforzo per riconquistare il trono francese. Dopo "cento giorni" e alcuni vittoriosi scontri minori viene definitivamente sconfitto a Waterloo. Murat, nel crollo delle speranze di Napoleone, cerca dapprima di organizzare il suo Stato per conservarsi indipendente lanciando proclami che esortano gli Italiani a combattere per la loro libertà. Essi trovano scarse rispondenze. Sconfitto a Tolentino e persa Napoli è costretto a lasciare il Regno. Un mese dopo Ferdinando IV ritorna a Napoli ed è accolto con entusiasmo dalla plebe (21 V). E' la Restaurazione. Dapprima Ferdinando assicura la libertà civile, il rispetto della vendita dei beni nazionali e il mantenimento dell'amministrazione civile e militare precedente ma ben presto pone fine all'autonomia della Sicilia con un decreto che unisce l'isola a Napoli e abolisce la Costituzione del 1812 prendendo il titolo di Ferdinando I re delle Due Sicilie. Un trattato di alleanza con l'Austria stabilisce che il re non avrebbe ammesso mutamenti in contrasto con le antiche istituzioni monarchiche. Il potere torna così nelle mani dell'aristocrazia terriera che mantiene le popolazioni contadine e l'economia agricola in un pauroso stato di arretratezza sociale, civile ed economica a cui si aggiunge presto un nuovo flagello.

1816-1817 Quando a Noia scoppia una epidemia di peste Acquaviva non è colpita perché viene immediatamente sottoposta a severe prescrizioni. Tuttavia la città è ormai poverissima e alla miseria ed alla carestia si aggiungono la dissenteria e le febbri perniciose che producono un vero sterminio soprattutto tra le classi più povere che si cibano di carne di cane e di gatto, di cenere unita all'acqua, di pasta d'ulivo scartata dai frantoi e fave non condite per il caro prezzo dell'olio e del sale.

1817 La Restaurazione favorisce la sanguinosa vendetta dei reazionari borbonici, imprigionati durante il governo dei Napoleonidi che "in nome del Re e della fede" compiono ogni sorta di razzia e violenza.
Nel frattempo, come risposta alle prepotenti repressioni della Polizia borbonica, si costituisce anche ad Acquaviva, da sempre di fede antifeudale e repubblicana, una "vendita" carbonara: i "Proseliti di Catone" le cui riunioni segrete avvengono nei sotterranei del Convento dei Francescani e della Chiesa di S. Maria Maggiore. Gli iscritti sono novanta, di cui 53 col grado di apprendista e il rimanente con quello di Maestro. Essi rappresentano, in un certo senso, gli eredi dei martiri del 1799 poiché tra di essi vi sono i superstiti di quegli avvenimenti ed i loro parenti: l'avvocato Giulio Iacobellis, Francesco Aulenta, il canonico Francesco Cirielli, fra Gian Carlo Barbieri, Girolamo Supriani, Giovanni e Nicola Serini, il dottor Vito Marino Cirielli, l'avvocato Giovanni Pepe, il dottor Michele Parlante, Gran Maestro della Massoneria e ancora valenti professionisti, farmacisti, notai, musicisti, funzionari comunali, artigiani, sarti, muratori, calzolai, falegnami e anche sacerdoti e frati possidenti come Pietro Ardilla e i baroni Francesco e Giuseppe Molignani. La Carboneria si diffonde, dunque, nelle classi sociali più elevate, del tutto assente è la moltitudine proletaria delle campagne, sempre ignorante e misera, sicché il moto costituzionale del 1820-21 si presenta, fin dai primi esordi, con carattere prettamente borghese.

1818 Acquaviva conta 4707 abitanti: negli ultimi sei anni la peste e la miseria hanno provocato una riduzione della popolazione del 19,5 % (-1141). Un Concordato e la bolla pontificia "De Utiliori" negano l'autonomia della prelatura di Acquaviva nei confronti della curia barese. Ciò provoca violente proteste da parte del clero, del decurionato e dell'intera cittadinanza.

1820 Sull'onda della rivoluzione avvenuta in Spagna solo alcuni mesi prima scoppiano tumulti anche nel Regno di Napoli. Il presidio militare di Nola, guidato da due ufficiali affiliati alla Carboneria, Michele Morelli e Giuseppe Silvati, si ammutina e dà il via ad una generale insurrezione carbonara che si estende ben presto in Campania, in Basilicata e in Puglia (2 VII). Le milizie regie sono impotenti contro i rivoltosi e molti soldati si uniscono a loro acclamando loro capo il generale murattiano Guglielmo Pepe. Intanto una commissione civile di carbonari ottiene dal re una Costituzione liberale sul modello di quella spagnola i cui punti fondamentali sono: indipendenza e sovranità della Nazione, monarchia ereditaria, Parlamento unico e indissolubile, eletto dai comizi provinciali composti dai cittadini eletti a loro volta dai comizi distrettuali e parrocchiali (13 VII).
Ad Acquaviva la notizia dei tumulti napoletani viene accolta con manifestazioni di giubilo da parte dei carbonari che sfilano per la città con la bandiera rossonerazzurra. Nell'intento di far sentire al popolo i benefici effetti del nuovo regime e di fargli comprendere il significato di quei moti liberali, il sindaco Cirielli dà ordine che il sale si venda al pubblico per 6 grana il rotolo anziché 12, assicurando il rivenditore che la perdita gli sarà a suo tempo rimborsata dalla Cassa comunale (14 VII). A questo provvedimento di carattere popolare ne seguono parecchi altri tra i quali la distribuzione di vaccini, il miglioramento delle condizioni delle carceri, l'amnistia per i disertori, speciali facilitazioni per l'acquisto dei beni dello Stato, tutela della silvicoltura e la riduzione della gravosa imposta fondiaria, parziale abolizione dei monasteri, soppressione dei conventi domenicani ed agostiniani. Si assiste inoltre all'istituzione del pubblico insegnamento ed alla riforma morale, al miglioramento delle carceri, dell'igiene popolare e della protezione dell'infanzia. Per la prima volta nella storia di Acquaviva i suoi cittadini si recano alle urne per eleggere i propri rappresentanti al neonato Parlamento (20 VIII). Le elezioni avvengono per 3 gradi e in tre circoscrizioni: parrocchiali, distrettuali e provinciali. Eletti al distretto sono i gran Maestri Iacobellis e Parlante, e i Maestri Molignani, Aulenta e Trotta ma nessuno di essi è poi eletto deputato. Considerata la necessità di "dare all'esercito un assetto imponente, onde far rispettare l'indipendenza alla quale si è la Nazione elevata", con decreto, vengono chiamati alle armi tutti gli uomini tra i 21 e i 40 anni per costituire legioni provinciali. Ad Acquaviva viene quindi istituita una compagnia di soldati agli ordini del barone Giuseppe Molignani, eletto capitano dagli ufficiali e dai sottufficiali (28 IX). Ben presto, però, molti di loro e soprattutto i contadini, giunti a Napoli privi di mezzi di sussistenza, disertano e tornano ad Acquaviva alla spicciolata.

1821 Di fronte al propagarsi dei moti si profila la reazione delle potenze della Santa Alleanza (Russia, Austria, Prussia e Francia). E' l'Austria, che vede in pericolo l'equilibrio instaurato nella penisola italiana, a prendere l'iniziativa: a Lubiana viene deciso di affidare al governo austriaco l'incarico di ristabilire l'ordine e il governo assoluto nel Regno delle Due Sicilie (26 I). L'esercito dei Costituzionali è male armato e mediocremente equipaggiato; per ovviare in qualche modo alla mancanza di mezzi finanziari si ricorre ad una speciale forma di prestito forzoso dell'ammontare nazionale di 3 milioni di ducati suddiviso in 150.000 obbligazioni di 20 ducati l'una.
Ad Acquaviva il Capitolo, il Comune, gli Istituti di beneficienza, le Opere Pie e facoltosi privati cittadini sono costretti a comprare obbligazioni. Il Comune, inoltre, ha già prestato più di 1000 ducati destinati inizialmente alla costruzione del nuovo cimitero e alla riparazione delle strade comunali, ormai impraticabili.
La guerra contro gli Austriaci è di breve durata e repressioni spietate seguono il ritorno del governo assoluto. Ferdinando I abolisce di colpo tutte le leggi costituzionali stabilendo leggi marziali per giudicare i colpevoli. Anche gli Acquavivesi che hanno indossato la divisa verde dei legionari subiscono violente vendette: il professor Tommaso Ardilla viene destituito dalla sua cattedra all'Ateneo barese, Girolamo Supriani viene sottomesso alla massima sorveglianza, mentre altri, come il dottor Parlante e il barone Giuseppe Molignani devono fuggire e rifugiarsi nelle campagne. Nonostante i pericoli che corrono i carbonari acquavivesi danno ospitalità, nella chiesetta della Madonna del Carmine, sulla via per Gioia, a Morelli e Silvati, i due sottufficiali che avevano capeggiato i moti napoletani che devono raggiungere le coste pugliesi per imbarcarsi verso la Grecia e sfuggire all'esercito borbonico. Finiranno comunque impiccati a Napoli nel settembre del 1822. Il solo sospetto di una iscrizione a società clandestine e l'aver preso parte alla rivoluzione costituiscono un marchio di infamia. Vengono vietati i divertimenti, gli svaghi e le feste, la lettura e la diffusione di "libri velenosi" nonché l'uso di barba e baffi ritenuti, dalla Polizia borbonica, simbolo del periodo costituzionale.
La Torre del Sedile minaccia di crollare a causa delle larghe ed estese lesioni apertesi nella fabbrica. Il Decurionato delibera di "cucire e ricucire" i muri pericolanti dando all'architetto Memmola l'incarico di dirigere i lavori. Tuttavia questi propone di demolire e ricostruire tutta l'opera.

1824 Finalmente la proposta del Memmola viene accettata ed i lavori alla Torre del Sedile vengono appaltati ai maestri Leo De Bellis e Samuele Caporusso. Tutta la torre viene demolita e ricostruita costituendo al secondo piano l'alloggio per la macchima dell'orologio costruita dal maestro napoletano Bernard.

1825 Morto Ferdinando gli succede sul trono del Regno delle Due Sicilie il figlio Francesco.

1827 Una tremenda alluvione si abbatte nel barese facendo vittime anche ad Acquaviva e provocando una eccezionale inondazione a Bari.

1830 A Francesco I succede il figlio ventenne Ferdinando II che volge la sua politica a rivendicare l'autonomia del Regno anche di fronte all'Austria. Egli si trova a dover fronteggiare parecchi tentativi insurrezionali che privi di ogni sostegno popolare vengono immediatamente repressi dal governo borbonico.

1831 Si istituisce il primo Decurionato eletto dal popolo che garantisce l'ordine pubblico, gestisce le terre comunali e provvede all'amministrazione finanziaria della città. E' sindaco Francesco Stella.

1832 Cospicue risorse finanziarie vengono impiegate per combattere l'eccessivo analfabetismo e per costruire strade per collegare Acquaviva con Gioia e Canneto. E' sindaco Giovanni Pepe.

1835 Nonostante il parere contrario dell'Intendenza della Terra di Bari che in un rapporto al Ministero della Polizia generale scriveva: "ogni vestigio delle passate opinioni politiche è annullato", esse non erano affatto svanite ma, sotto forme e denominazioni diverse, pullulavano in ogni parte della regione. Nelle campagne di Acquaviva e nei boschi di Gioia si tengono occulte riunioni di clandestine "fratellanze", "famiglie" e "congreghe" di cospiratori.

1835-1840 In questo periodo, presumibilmente, nasce l'usanza di lanciare il "pallone" durante i festeggiamenti in onore alla Madonna di Costantinopoli.

1836 Viene iniziata la costruzione del cimitero all'aperto su progetto dell'architetto Memmola.

1837 Viene abbattuto il recinto murario che delimitava l'abitato: inizia l'espansione urbanistica della città e non sono poche le costruzioni abusive contrarie alla regolamentazione del Comune. Le vie, comunque, sono ancora impraticabili e disselciate mentre le acque putride e stagnanti per la mancanza di fogne. Questa precaria situazione contribuisce alla diffusione dell'epidemia di colera che colpisce tutto il Regno delle Due Sicilie. I numerosi cadaveri vengono sepolti in fosse comuni nella chiesa di San Domenico e il prezzo del vino (considerato un ottimo antidoto) sale alle stelle.

1838 E' sindaco Girolamo Iacobellis.

1840 Il re, pur riconoscendo alcuni privilegi di natura giuridica, riafferma le disposizioni del Concordato e della bolla pontificia del 1818 circa l'aggregazione della Chiesa di Acquaviva alla vicina diocesi e invita l'arcivescovo Clary alla nomina dell'arciprete.

1841 Diventa sindaco Pietro Rossi.

1844 Monsignor Giandomenico Falconi accetta l'investitura all'arcipretura di Acquaviva ed entra solennemente in città, applaudito dalla cittadinanza (29 VIII). Presto di farà promotore, con contiuni viaggi a Roma ed a Napoli, delle antiche pretese sull'indipendenza della Chiesa acquavivese riaccendendo le vecchie controversie.

1846 Con l'elezione al soglio pontificio di Pio IX si diffonde il mito del "papa liberale" presso un'opinione moderata che, impaziente di agire, attribuisce alle iniziative del pontefice (ad esempio la concessione della libertà di stampa) significati che vanno ben aldilà delle sue reali intenzioni e dei suoi reali orientamenti politici.

1847 La crescita demografica determina la crescita della città: iniziano i lavori per la costruzione della Estramurale.

1848 I liberali palermitani, cogliendo l'occasione delle riforme attuate negli altri Stati italiani, insorgono contro il malgoverno borbonico. Di fronte all'estendersi dell'insurrezione e non potendo contare sull'aiuto dell'Austria poichè il papa ha vietato l'attraversamento dei propri territori, Ferdinando II si vede costretto a cedere agli insorti, e a promulgare una costituzione ispirata a quella francese del 1830 (2 II).
Ad Acquaviva la notizia viene accolta con una grande festa: l'intero cittadinanza, senza distinzione di ceti, preceduta dall'arciprete Falconi e dal sindaco Rossi, si raccoglie in piazza dei Martiri inneggiando alla grande notizia (3 III). Il popolo interpreta la concessione della Costituzione come l'abolizione di qualsiasi legge e ordinamento. Ciò determina giorni di tensione che sfocia nella violenta illegalità allorquando Monsignor Falconi, uomo di sfrenata ambizione, arringa la popolazione in senso ultra liberale. Egli rivendica l'indipendenza della Chiesa acquavivese e riceve dal popolo la mitra e la croce di Vescovo. Proletari e disoccupati armati di scuri, zappe e forconi, approfittando del caos venutosi a creare in città chiedono l'attribuizione delle terre demaniali e tentano di occupare le terre del bosco di Santacroce appartenenti ad un convento di monache ma l'azione pacificatrice del sindaco, riesce a calmare gli animi. Del resto il malcontento serpeggia anche tra i "galantuomini" borghesi. La quasi totalità di essi è, infatti, ostile al governo dispotico e reazionario; capo storico è Giulio Iacobellis, animatore, con il Pepe e il Supriani, dei moti rivoluzionari del 1799 e fondatore della vendita carbonara acquavivese. Ad affiancarlo c'è una sorta di triunvirato composto da Francesco Raffaele Curzio, Giulio Cesare Luciani e Francesco Cirielli che con "lunga barba a ciuffo di caprone" capeggiano sommosse rivoluzionarie inneggiano all'Italia unita. In questo clima sovversivo ed anarchico (alcuni "galantuomini" arrivano a minacciare di morte un commissario dell'Intendenza inviato da Bari per la riscossione di un grosso arretrato di fondiaria) si svolgono le operazioni elettorali per la nomina dei deputati al neonato Parlamento.
Intanto Monsignor Falconi parte per Roma per legittimare la propria nomina popolare a Vescovo (10 IV). Contro ogni previsione la sua missione ha successo poiché Papa Pio IX con la Bolla "Si aliquando" legittima le pretese di Acquaviva riunendo sotto un solo Prelato le due Chiese di Acquaviva e di Altamura, esenti dalla giurisdizione di ogni ordinario vescovile, e riconoscendo al re il diritto di nomina e collazione (17 VIII). Legittimato il proprio potere il Vescovo impone al capitolo la costruzione di una casa vescovile. Nonostante l'esiguità dei fondi il progetto dell'architetto Castellucci, prevede un sontuoso palazzo che comincia a sorgere laddove oggi è il Teatro Comunale. Il terreno friabile cede al momento degli scavi delle fondamenta e un operaio perde la vita. Si decide allora di costruire il Palazzo a fianco della Cattedrale deturpandone irrimediabilmente la prospettiva armoniosa.
La situazione politica del Regno cambia presto allorché i vecchi proprietari terrieri, dinanzi al pericolo di vedere limitata la propria egemonia di classe, richiedono, con un brusco voltafaccia, l'intervento delle truppe borboniche. Il re, ormai in aperto contrasto col neo eletto Parlamento lo scioglie e forma un nuovo ministero composto esclusivamente da elementi conservatori.

1849 Rifatte le elezioni, la nuova Camera deplora le violenze perpetrate dal Governo, ma il re la ignora e revoca la Costituzione. Quasi tutti i "patrioti" dell'ultima ora, impauriti, rigettano le responsabilità dei tumulti sull'ingenua ed esigua schiera dei veri "ultraliberali". Il Regno è tenuto sotto un permanente stato d'assedio e iniqui processi colpiscono gli uomini di maggiore cultura, che costituiscono, secondo il sovrano, la fantomatica "setta dell'Unità d'Italia".
Fra i tanti prelati che si dimostrano ossequiosi alla dinastia borbonica figura anche il vescovo Falconi che, con lo stesso ardore con cui aveva, solo pochi mesi prima, inneggiato alla Costituzione, acclama il ritorno del precedente Governo. D'ora in poi diventa una spia del Regio Governo e dispone a suo piacere delle casse dei ricchi monasteri, delle diverse cappelle ecclesiastiche nonché dell'ospedale Miulli.

1850 Il giudice regio comunica all'Intendente di trovarsi nell'assoluta impossibilità di indicare un soggetto che possa ricoprire la carica di sindaco essendo tutti i galantuomini acquavivesi coinvolti nei recenti ptravolgimenti politici tanto da non meritare la fiducia del regio Governo. Nel frattempo i "triunviri" Cirielli, Luciani e Curzio vengono arrestati, processati. I primi due, grazie anche alla solidarietà dimostrata dai cittadini acquavivesi, vengono condannati, rispettivamente, a 7 e 8 mesi di reclusione (16 X).

1852 Il Curzio, invece, imputato di reati ben più gravi, tra i quali quello di oscene ingiurie contro il Re, dopo una lunga istruttoria durata quasi due anni, viene condannato a ben 19 anni di galera (23 VIII).

1853 Viene costruita la cosiddetta "gavetta di scolo" delle acque piovane che va dall'Estramurale fino al centro di raccolta situato in contrada S. Pietro. E' sindaco Giovanni Antonio Molignani.

1855 Acquaviva, che pure è una delle città più civili di Puglia e che conta 7.445 abitanti, è "una immensa e pestifera cloaca" con vie disselciate e impraticabili, mura decadenti e acque putride e stagnanti per la mancanza di fognature. Le leggi eversive promulgate in questo anno, in base alle quali si permette al Demanio dello Stato di incorporare a certe condizioni i beni della Chiesa Palatina, non hanno efficacia per gli immensi possedimenti della Chiesa di Acquaviva poiché una sentenza del consiglio di Stato ne conferma la proprietà al clero.

1857 E' sindaco, per la seconda volta, Francesco Stella.

1858 Il primo ministro del Regno di Sardegna, Cavour, convince Napoleone III, imperatore di Francia, della necessità di risolvere con urgenza la questione italiana, (l'unificazione nazionale) prima che i rivoluzinari mazziniani scatenino un'insurrezione democratica nell'intera penisola. Napoleone, del resto, mira a sostituire in Italia l'influenza francese a quella austriaca nel quadro di un più vasto disegno volto ad affermare l'egemonia francese in Europa. I due si incontrano segretamente a Plombières e stipulano un'alleanza militare contro l'Austria che prevede, in caso di vittoria, una penisola italiana così ristrutturata: un regno sabaudo dell'Alta Italia, lo Stato pontificio, e due regni nell'Italia meridionale e centrale sotto principi francesi, mentre Savoia e Nizza sarebbero state cedute dal Piemonte alla Francia (20 VII).

1859 Scoppia la guerra contro l'Austria e i primi successi franco-piemontesi favoriscono l'insurrezione dell'Italia centrale: Toscana, Emilia e Romagna cacciano i vecchi sovrani e chiedono l'annessione al regno sabaudo. Napoleone III, vedendo sfumare i suoi progetti sull'Italia, si ritira dalla guerra fimando con gli austriaci l'armistizio di Villafranca.
Ferdinando II, re delle Due Sicilie, intanto è rimasto fedele alla sua ostinata politica assolutistica e di isolamento curandosi poco del discredito in cui il suo regime è caduto di fronte all'Europa.
Il re in viaggio per Bari, dove deve incontrare la futura sposa del figlio Francesco, Maria Sofia di Baviera, giunge ad Acquaviva alle 10 di sera del 12 gennaio. Tutta la cittadinanza, ben orchestrata da Monsignor Falconi, fedele borbonico, gli grida fedeltà, gratitudine ed amore. Il re e la regina vogliono ad ogni costo pernottare nel Palazzo dell'Arciprete (Palazzo Vitali) e questo per poco non costa loro la vita: il solaio della sua camera da letto, poggiato su travi e fatto puntellare appositamente dal Monsignore, crolla pochi giorni dopo. Il mattino seguente, dopo aver dato pubblica udienza e aver assistito alla messa in Cattedrale, i reali ripartono per Lecce. Ferdinando già ammalato di tifo, morirà pochi mesi dopo (22 V). A lui succede Francesco II, debole e inesperto.

1860 Napoleone III riesce ad ottenere Nizza e la Savoia accettando che un plebiscito popolare decida sull'annessione della Toscana, dell'Emilia e della Romagna al Regno di Sardegna. Sull'onda di questi successi i democratici italiani ripropongono con rinnovato vigore il programma di unificazione dell'intera nazione e, sollecitata da una montante rivolta nelle campagne siciliane, prende corpo l'idea di una spedizione militare, popolare e autonoma, che liberi il Mezzogiorno. Cavour è contrario alla spedizione soprattutto perché teme di irritare Napoleone dato il carattere eccessivamente popolare e democratico della stessa ma Giuseppe Garibaldi con l'appoggio segreto di Vittorio Emanuele II, raccoglie un migliaio di volontari e s'imbarca da Quarto alla volta della Sicilia (5 V).
L'acquavivese F.R. Curzio, capitano di Stato Maggiore, partecipa alla Spedizione dei Mille e rimane ferito durante i combattimenti di Palermo (6 VI).
Il Generale conquista dapprima la Sicilia per poi giungere con ventimila seguaci a Napoli (7 IX) da dove Francesco II, che in un primo momento è corso ai ripari ripristinando la Costituzione del 1848 e formando un governo moderatamente liberale, è scappato dopo aver pubblicato un dignitoso proclama.
In città, che muove a favore dell'Italia unita, si scatenano gli odi più violenti contro gli ecclesiastici e i funzionari borbonici. La prima vittima della vendetta liberale è il vescovo Falconi del quale i galantuomini, gli artigiani ed i contadini acquavivesi, in una lettera indirizzata al ministro degli Interni, descrivono tutte le nefandezze perpetrate in 12 anni di vescovado e chiedono l'allontanamento dalla città (27 VII). Egli dopo aver cercato, invano, di aizzare ancora una volta il popolo a suo favore, scappa dapprima a Napoli e poi verso il suo paese natale, Capracotta in Abruzzo, dove morirà nel 1862. Viene eletto il nuovo Consiglio Comunale di cui fa parte la prima donna decurione, Lina Leone, e sindaco è Francesco Panizza.
Ai primi di ottobre i garibaldini combattono le ultime battaglie contro i borbonici e un mese dopo Garibaldi incontra Vittorio Emanuele a Teano (26 X). L'avventura garibaldina è finita, Vittorio Emanuele restaura l'ordine turbato dai rivoluzionari e prende in consegna l'ex regno borbonico. Intanto Cavour organizza rapidamente i plebisciti. Il popolo (hanno diritto di voto solo i cittadini maschi che hanno compiuto il ventunesimo anno di età) é chiamato ad accogliere o respingere la seguente proposta: "Il popolo vuole l'Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele Re Costituzionale e i suoi legittimi discendenti?".
Ad Acquaviva i voti favorevoli sono 1311 su 1311 votanti (21 X)! La dinastia dei Borbone è caduta: il Regno delle Due Sicilie è finito. L'iniziativa dei democratici e l'abile direzione politica di Cavour hanno permesso l'unificazione italiana.

1861 Ben presto l'atmosfera di miracoli e di smodate speranze che aveva accompagnato l'impresa della unificazione lascia il posto alla dura realtà. Le differenze economico-sociali tra Nord e Sud, molto più consistenti di quelle paventate, l'incremento della pressione fiscale, la mancanza di lavoro e la mancata ripartizione delle terre demaniali, la persecuzione antidemocratica del governo di Destra provocano tra il popolo un persistente e pericoloso malcontento soprattutto nei confronti dei nuovi burocrati e amministratori settentrionali. Esso sfocia nella più pericolosa e convulsa reazione allo stato unitario: il brigantaggio. La ribellione popolare, infatti, porta alla formazione di bande che conducono una guerriglia audace e spietata costantemente alimentata dal malcontento economico e dalla disaggregazione sociale. I sostenitori dei Borbone e la maggioranza del clero cercano di organizzare la rivolta e di volgerla a favore dei loro disegni di restaurazione invocando il ritorno di Francesco II, "re dei proletari".
Il focolare più intenso del brigantaggio pugliese arde nei dintorni di Acquaviva, tra Gioia e Santeramo, dove opera la famigerata banda del gioiese Pasquale Romano.
Tra le decisioni più importanti del nuovo Consiglio ci sono l'approvazione del primo regolamento edilizio che delinea le nuove arterie, la larghezza di esse, i marciapiedi, l'altezza delle logge, ecc. e la deliberazione dell'aggiunta di "delle Fonti" al nome di Acquaviva. Il "primo" sindaco di Acquaviva delle Fonti è Pietro Piragine.

1862 F.R. Curzio è eletto deputato al Parlamento Italiano. Nel decisivo ballottaggio riporta 419 voti contro i 177 del barone Francesco Noya di Mola.
Intanto per combattere i briganti si istituiscono nei singoli comuni le guardie civiche che affiancano i plotoni dell'esercito Regio. La guardia civica di Acquaviva, comandata dal dottor Lino Romeo, è protagonista di un epico scontro a fuoco con la banda del sergente Romano, presso la masseria del Panzo (30 XII).

1863 Nel bosco di Vallata, a pochi chilometri da Acquaviva, il capitano di cavalleria Bolasco infligge una decisiva disfatta alla banda Romano. Il capo brigante rimane ucciso insieme a oltre venti dei suoi (5 I).

1865 Per il prestigio del paese non è più concepibile un teatro che non fosse esteso a tutti e non soltanto a quelli che frequentano il teatro principesco, situato al quarto piano del Palazzo De Mari, per cui il Consiglio Comunale delibera di utilizzare i fondi provenienti dai danni ed espropri fatti dalla Ferrovia (in costruzione) alla contrada Difesa della Terra per finanziare l'acquisto del suolo su cui costruire un nuovo teatro comunale.

1871 Il Comune di Acquaviva delle Fonti espropria il Palazzo De Mari, che diviene così sede del Comune, a Sante Alberotanza indebitatosi per la costruzione del tronco ferroviario Bari-Taranto. Il consigliere G. Iacobellis propone la rimozione dei "mascheroni" che ne deturpano il loggiato ma la proposta viene bocciata perché ritenuta troppo esosa.
Le disponibilità finanziarie sono esigue a causa delle scarse entrate tant'é che l'amministrazione procede alla vendita di locali a piano terra del Palazzo e all'istituzione di nuove tasse fra cui quella della "manomorta" che scoraggia l'accumulo delle proprietà nelle mani di pochi possidenti.
Viene deliberato l'abbattimento della Porta della Piazza per abbellire la città (7.616 abitanti) ed allargare la via di accesso al centro urbano che viene dotato di illuminazione pubblica ad olio.

1872 L'amministrazione acquista il suolo su cui costruire il nuovo Teatro Comunale.

1873 Viene aperto al pubblico il nuovo cimitero costruito su progetto dell'arch. Ascanio Amendoni.

1876 Dopo 15 anni, in cui i governi della Destra storica gestiscono la fase più delicata della costruzione del nuovo Stato italiano, sale al potere la Sinistra di Agostino Depretis che fa proprie le proposte di rinnovamento e di riforma che mirano ad ampliare le basi del consenso allo Stato attraverso l'estensione del diritto di voto e ad allentare la tensione sociale attraverso l'abolizione della tassa sul macinato e la riforma dell'istruzine elementare.
Per istituire le scuole elementari pubbliche l'Amministrazione comunale acquista dalle monache Clarisse i conventi di S. Chiara e di S. Benedetto.

1878 Ben presto la Sinistra storica, nella quale rientrano i repubblicani e i socialisti, modera la portata innovatrice delle proprie riforme divenendo portavoce degli interessi generali della borghesia italiana nel suo complesso.
Muore Vittorio Emanuele II e gli succede al trono il figlio Umberto I.

1879 Una grave epidemia di vaiolo si abbatte sulla città.

1880 Rinasce ad Acquaviva, grazie all'azione dell'avvocato G. Maselli Campagna, quel pensiero "ultraliberale" apparso durante i moti del '48-'49: si ricostituisce la Loggia Supriani, una loggia massonica alla quale aderiscono borghesi ed operai, si risolleva la questione delle terre demaniali e palatine, si fondano biblioteche, circoli culturali e banche operaie.
Il Concerto Bandistico di Acquaviva delle Fonti sotto la direzione del Maestro Emilio Rivela vince, al Grande Concorso Internazionale di Torino, il primo premio assoluto, consistente in una coppa di purissimo cristallo di Severes donata dal Presidente della Repubblica Francese.

1881 Acquaviva registra 8.525 abitanti.

1883 Su iniziativa di Maselli Campagna Acquaviva ospita un convegno di studiosi e politici riguardante questioni politiche, economiche e sociali al centro degli interessi nazionali: il decentramento amministrativo, la lotta all'analfabetismo e l'obbligo dell'istruzione elementare nonché l'agognato suffragio universale.
La vecchia macchina dell'orologio viene sostituita con una nuova, del costo di lire 1.500, costruita dall'orologiaio Alfonso Curci di Napoli.

1888 Un incendio si sviluppa improvvisamente in piazza Garibaldi.

1889 Si accende una violenta polemica tra il Consiglio Comunale, sindaco Viscardo Viscardi, e il Governatore dell'Ospedale Miulli, Mons. Luigi Pellegrini, accusato di malgoverno e di discriminazione nella fissazione dei criteri per il ricovero degli ammalati.

1890 Il Consiglio Comunale rivendica il diritto dei cittadini sui patrimoni ecclesiastici ed ottiene che dal patrimonio della Cappelle Palatine (del purgatorio, del S. Sacramento e di S. Eustachio) venga devoluta a favore del Comune una somma annua di 4 mila lire. Per la sua condotta accentratrice, non condivisa da nessuno, Mons. Pellegrini è costretto a scappare da Acquaviva, ritirandosi a Nardò, suo paese natale.
Dopo innumerevoli delibere, appalti e progetti il Teatro Nuovo non è ancora ultimato per mancanza di fondi. Per evitare il totale abbandono dello stabile e per assicurare comunque una rendita alle casse comunali vengono affittati alcuni locali a piano terra e appartamenti al primo piano.

1891 Installazione dell'illuminazione pubblica ad olio.

1894 Viene eretto in Acquaviva il "Reale Ricovero di mendicità Umberto I", un istituto di beneficienza che accoglie 50 poveri d'ambo i sessi. L'ing. Orazio Santalucia di Santeramo è incaricato di redigere il primo Piano Regolatore della città.

1896 Viene fondato uno dei primi sodalizi di lavoratori, che ha come insegna di unione e di forza democratica, il fascio littorio sormontato dalla scure. E' una delle prime sezioni pugliesi del Partito Socialista Italiano, nato dalle ceneri del Partito dei Lavoratori nato nel 1892.

1898 In seguito al rincaro del presso del pane l'agitazione popolare si fa sempre più intensa da un capo all'altro della penisola.
Si verificano in Acquaviva dimostrazioni di popolo contro la sede della Vice Delegazione palatina per accelerare le pratiche della concessione enfiteutica delle terre demaniali e palatine.
Intanto i locali al primo piano del Teatro Nuovo vengono adibiti a scuola elementare e come sedi della Congrega di Carità e della banda comunale.
Le rivendicazioni del Comune per la gestione dell'Ospedale Miulli portano in Consiglio Comunale la decisione di abbattere Porta Nuova perché il Governatore ha abusivamente costruito un passaggio sulla Porta che collega l'Ospedale Miulli a quello dei Pellegrini. La decisione fortunatamente non è attuata perché la Porta è considerata di alto valore storico.

1899 Ricorrendone il primo centenario si decide di intitolare la piazza del municipio ai Martiri del 1799. Anche la piazza del Teatro, dopo alcune modifiche di sistemazione, cambia nome e diventa piazza Vittorio Emanuele II.

fine XIX sec. Il divario tra Nord e Sud si approfondisce sempre più. Mentre lo sviluppo industriale rafforza al Nord la borghesia capitalista, l'immobilismo latifondista del Sud impedisce lo sviluppo economico e civile e obbliga milioni di uomini all'emigrazione.
Nel periodo di suo maggiore attivismo politico ed economico l'avvocato Maselli Campagna istituisce biblioteche, circoli di cultura, banche operaie. Ma in seguito alla crisi dell'agricoltura pugliese, principalmente del vino da taglio, scarseggia il lavoro, aumentano gli scioperi e le lotte sindacali nonché lo strozzinaggio e il gioco d'azzardo, mentre i più indigenti emigrano al Nord o verso l'America latina.
Il Demanio vende il "Giardino del Duca" e parte del territorio circostante, ma non l'Arco, alla famiglia De Palma di Adelfia.


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