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Il caso dei de Mari ad Acquaviva delle Fonti.
di Chiara Dalfino Spinelli

Villa de Mari

Il tavolario Di Marino cita "...lo giardino di esso Signor Duca, tutto murato, con acqua sorgente dolce dentro, fruttato di diversi frutti...", che si trovava "...fuori la Porta del Hostiero...Al presente lo Signor Duca l'ha donato ai suoi Creati...".
La villa extra-moenia, oggi denominata "Giardino del duca", viene quindi edificata ex-novo per volontà di Carlo de Mari, certamente non prima degli anni '60 del XVII secolo: si legge infatti sul fastigio timpanato che sovrasta il prospetto della villa:

"CAROLUS DE MARI - PRINCEPS - ERIXIT"

Apprendiamo da Antonio Bernal che, giunti ad Acquaviva nel 1666, il principe e Geronima Doria, sua consorte, furono ospitati in casa dell'erario, a causa "...dell' umidità, per i recenti lavori, delle stanze del palazzo ducale": la costruzione della villa, dunque, non era stata completata, ed i principi non potevano alloggiarvi.
Di particolare suggestione è la decorazione barocca dell'atrio porticato dell'edificio, che ne impreziosisce la fontana centrale, in forma di ninfeo.
Le aquile sono riprese dall'arma dei Doria: uno "spaccato d'oro e d'argento all'aquila spiegata di nero, membrata, linguata e coronata, di rosso attraversante sul tutto".
Le effigi dei principi, rappresentati in busti entro nicchie incorniciate d'alloro, celebrano le glorie del casato. Sull' intero apparato scenografico campeggia lo stemma di Carlo de Mari, sormontato dalla corona principesca, a tre punte. Ma sulla volta centrale del portico si vede il carro del sole, guidato da Fetonte, precipitare nel fiume Eridano: monito sapiente contro le ambizioni smodate.
Il soggetto mitologico scelto doveva rientrare in una precisa tradizione decorativa, se lo ritroviamo a Genova nel "Salone del Sole" del cinquecentesco palazzo Lomellino. Nello stesso palazzo Domenico Parodi, ai primi del '700, scolpisce per il ninfeo una caduta di Fetonte "...tra acque stillanti e capelveneri".
Le evidenti analogie tra gli ingressi di villa de Mari ed i portali d'accesso al piano nobile del palazzo acquavivese della famiglia, dagli stipiti decorati a gigli bombati e sormontati da ampie volute convergenti, fanno pensare, in entrambi gli edifici, a maestranze coeve, se non coincidenti.


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